I "corsi di sopravvivenza": «In un bosco senza cellulare e cibo per riconnettersi al mondo reale»
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giovedì 23 ottobre 2025
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di Caterina Palumbo
Si tratta di percorsi formativi in cui si impara ad affrontare situazioni difficili o estreme in ambienti naturali. Includono tecniche quali l’orientamento senza Gps, l’accensione del fuoco senza accendino, la costruzione di ripari di fortuna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel barese c’è un’associazione, la Survival school SOS2012 Puglia, che organizza queste esperienze da più di dieci anni. Fa parte della Fisss (Federazione Italiana survival Sportivo e sperimentale) e ha sede all’interno di Masseria Chinunno, nella Foresta Mercadante. Ed è proprio qui che incontriamo Pietro Vangone, istruttore e presidente scuola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La prima domanda che gli facciamo è: perché mai si dovrebbero lasciare tutte le nostre comodità per passare due giorni tra stenti e difficoltà?
«Per reimparare a stare al mondo – risponde deciso Pietro –. Ormai non sappiamo fare più nulla: il benessere e la tecnologia ci hanno indeboliti. Una volta c’erano i pastori che dovevano vivere da soli durante la transumanza ed erano costretti ad arrangiarsi costruendo un rifugio per ripararsi, accendendo un fuoco o cercando acqua per poi renderla potabile. I nostri antenati in mancanza di cibo sapevano anche riconoscere le piante che potevano mangiare e riuscivano a orientarsi riconoscendo quante ore di luce avrebbero avuto a disposizione durante una giornata. Tutte cose che non siamo più capaci di fare. Stiamo perdendo il contatto con la natura, con il mondo che ci circonda».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Durante il corso si riparte quindi da zero. Si lasciano a casa pc e cellulari, portavivande e borse termiche e ci si immerge per due giorni nei boschi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Punto primo: ci si orienta solo guardando la natura – sottolinea il presidente –. Siamo schiavi dei navigatori, per questo nei boschi insegniamo a capire dove ci troviamo utilizzando il “metodo della doppia ombra”. Si pianta un bastone nel terreno e si segna la punta dell’ombra al mattino e poi dopo 15–20 minuti. Unendo i due punti si ottiene la linea est-ovest (il primo è ovest, il secondo est). Da lì si ricavano anche nord e sud. Di notte invece facciamo individuare la costellazione dell’orsa maggiore o quella di Cassiopea, in modo da avere un sempre punto di riferimento da seguire».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E dove si dorme di notte? «La squadra costruisce dei capanni utilizzando rami, tronchetti e foglie che trovano sparsi sul terreno – risponde Vangone –. Non prima però di aver imparato l’antica arte di fare i nodi, così da legare tra loro tutti i materiali di fortuna con lacci di scarpe o lembi di maglia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Per riscaldarsi poi i partecipanti accendono il fuoco senza accendini e fiammiferi, ma con il metodo dell’acciarino. Si usa una barretta in ferro-cerio che, sfregata con una piastrina metallica chiamata “striker”, produce scintille ad alta temperatura che vanno così a incendiare materiali infiammabili come l’erba secca.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma la cosa che più dura da sopportare durante il corso di sopravvivenza è l’assenza di cibo: per due giorni infatti non si può mangiare. «Ricreiamo una situazione di emergenza in cui corpo e mente devono superare lo stress – spiega Pietro –. Sta tutto nel tenere i nervi saldi: la famosa forza di volontà che è alla base dell'intero corso. Insegniamo che il cibo non è una priorità immediata, possiamo restare giorni e giorni senza mangiare: di conseguenza se si ha fame occorre stringere i denti e andare avanti, magari evitando di fare cose inutili per non sprecare energie preziose».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma come hanno vissuto questa avventura coloro che hanno partecipato a un corso di sopravvivenza? « Non è una passeggiata, anzi, io ne sono uscito profondamente segnato, ma posso dire che ne è valsa la pena – ci dice il 28enne Fabio Bellizzi –. È un’esperienza un po’ “crudele” ma unica nel suo genere. Nei momenti di difficoltà sono però stato sempre incoraggiato, non mi sono mai sentito solo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Per due giorni il bosco è stato la mia casa – interviene Francesco Giorgio –. La mia professione di informatico mi aveva fatto allontanare dalla natura e dal contatto con gli altri. Così è stato bellissimo ritrovarsi attorno a un fuoco assieme a persone chiacchierando al chiaro di luna, senza essere distratti dall’arrivo di una notifica whatsapp».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Ho frequentato il corso con mio figlio di 12 anni - conclude Elvira -. Lui è riuscito a stare due giorni interi senza guardare uno schermo e non vedeva l’ora di poter raccontare ai suoi amici la sua esperienza. Questi ragazzi hanno bisogno di stimoli, che non sono solo quelli tecnologici. Imparare a distinguere ad esempio il verso di un animale (il bubolare di un gufo o il trillo dell’allodola), è un’esperienza sensoriale che mette alla prova la nostra capacità di ascolto e ricerca. Una volta tornati a casa sono cose che permettono di aiutare a prestare più attenzione al mondo che ci circonda, quello reale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
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